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RECENSIONI

NUDI SENTIMENTI

di Domenico Montalto

Lo studio di Laura Benedetti è il set – privatissimo e operoso – di una recita dell’intimità, di una messa in posa e a nudo, attraverso lo specchio veritiero della pittura, dei sentimenti e dei fantasmi interiori. L’artista bresciana – qui alla prima congrua verifica del suo percorso – fa rivivere in quadri figurativi dall’esecuzione forbita, preziosa, mirabile, per certi versi inattuale, lo statuto della pittura quale «seconda realtà», quale parafrasi poetante della vita, capace di andare «oltre» le apparenze per attingere alla profondità dell’io.

Il nitore intellettuale e compositivo, l’atmosfera di perfezione esecutiva che pervadono i dipinti che con lentezza escono dal suo studio, ben poco hanno a che fare con una certa perdurante ma ormai stantia vulgata «iperrealista», dove il colore e il calore del vissuto vengono raffreddati e congelati, anzi ibernati, nell’artificio della clonazione fotografica, della mera replica da ricalco.

Al contrario, nelle opere della Benedetti (che comunque nascono dagli spunti e dai suggerimenti di scatti fotografici appositamente eseguiti dall’autrice stessa) costatiamo un confronto suggestivo, coinvolgente, anche duro con il vissuto. Ciò a cui la Benedetti mira, è  qualcosa di ben più celato e difficile d’un mero simulacro del reale: è invece l’oggettivazione dello stato d’animo, l’emozione, la soggettività, l’interpretazione, l’ambiguità del sentire, ovvero tutti quei componenti che complicano e incrinano l’effetto «realistico»  del dipinto.  Laura ci offre una realtà non sfacciatamente fotografica, un algido replicante retinico, bensì una sorta di super-realtà poetica, ingentilita dal complice ammiccare della regìa, della finzione, del gioco delle parti condiviso fra autore e spettatore.

Le sue spoglie «stanze» femminili, dai fondali cromaticamente piatti, sono un personale teatro dei sentimenti, delle ansie, delle paure, dei sensi di colpa, delle fragilità, degli enigmi. Un teatro dalla sintassi nitida ed essenziale dove modelle nude (persone non immaginarie ma vere, con nome e cognome), sempre assorte, melanconiche, volgono lo sguardo altrove, ci negano il volto e il sembiante, quasi sfuggendo all’invasiva, imbarazzante curiosità di chi guarda. Ritratte dall’alto, di spalle, di sbieco, secondo posture e angolature prospettiche sempre volutamente complicate e instabili, costrette in spazi angusti se non in vere e proprie scatole, talora raggomitolate su un letto sgualcito, queste giovani donne sono le personificazioni di una metafisica claustrofobia, di una ripiegata e irrimediabile solitudine, di un desiderio di fuga bloccato da una fatale stanchezza, da una suprema inazione, da una accidiosa indolenza. Queste donne nel fiore degli anni e della carnalità vorrebbero abbandonarsi, rompere l’accerchiamento del gelo, ma non possono, o forse non vogliono. La loro indifesa nudità traduce la nudità e la sofferenza della coscienza davanti alla crudeltà delle cose, davanti alla lotta tra l’amore e la disillusione. La pittura di Laura è un tenero «fermo immagine» dell’attimo, della situazione, dell’emozione.

Rare volte la scena si sposta all’esterno, con solenni abluzioni collettive in contesti boschivi, dove la donna viene equiparata a ninfa, ritirata e fuggitiva. Come scrive il poeta Hugo von Hofmannsthal, «…la bellezza, anche nell’arte, non si può immaginare senza pudore».

Questa volontà di celarsi, di eludere, di disertare, di negarsi a domande troppo indiscrete, chiudendosi in un’evidente posa di autodifesa e di riparo, trova una radicale visualizzazione nei “paraventi”, dove l’oggetto separè – già altamente simbolico di questa dimensione di pudore – diviene il campo e la campitura di stesure preziose, monocromatiche, quasi concettuali, di uno spazio vuoto abitato solo da qualche sparuto emblema muliebre, come per esempio un gomitolo. Qui, la presenza e l’identità femminili sono alluse solo per absentia, per via negationis, addirittura negandone l’immagine e la fisicità. La donna dichiara il proprio esodo totale, assoluto.

Ogni opera di Laura è il retaggio di un impegnativo studio preparatorio della scena e della composizione, di una analisi logica del dipinto e del mestiere,  di un percorso mentale obbligato che viene stabilito dagli imput iniziali, sia visuali sia psicologici, dalla strategia delle studiate luci da spot,  nonché delle ombre primarie, che è poi alla base dell’articolazione dei pieni e dei vuoti sul piano, della mimesi dei riflessi, della sottigliezza delle gradazioni luministiche, nella squisita e parsimoniosa gamma dei rosa, dei grigi, dei bianchi, degli azzurri, sempre dolcemente raccordati.

Insomma è tutta una sapienza visiva e concettuale quella attraverso la quale Laura è in grado di offrirci una  «nuova» realtà dell’ordinario, rivisitando l’eredità del passato e la tradizione del moderno – da Caravaggio a La Tour, da Velazquez a Vermeer, da Ingres a Von Stuck, da Hockney a Lucian Freud – in chiave autenticamente attuale.

Laura confida in un’arte che diviene analisi vivida e flagrante di se tramite mezzi dichiaratamente pittorici, cioè attraverso la modestia di quella «poesia muta», come definì Leonardo la pittura, modalità con cui l’artista ci parla di lei e contemporaneamente di noi.  I quadri della Benedetti, apparentemente semplificati, vanno invece scrutati a lungo, letti e riletti nel dettaglio, accarezzati a lungo con l’occhio per assaporarne non solo il delicato tonalismo, ma la sostanziale attualità. In queste tele, l’immagine «accade» come una progressiva epifania di forme, di colori, di luci, in un magistrale perfezionismo che non è mai pedante, esibito, ma al contrario leggero, alitante.

Nelle carni e nelle fisionomie di queste modelle – complici del rito figurativo – noi vediamo scorrere la linfa e il sangue di una realtà sognata, di un tempo sottratto al corrompimento, un tempo che non nega il disagio e il dolore ma che è come una pausa musicale: preservato, tramite la virtù della pittura, dall’arbitrio del caso e dall’evanescenza del senso.

«Il genere umano – afferma T. S. Eliot nei  Quattro Quartetti – non può sopportare troppa realtà»: Benedetti ne è consapevole e per questo, senza lasciarsi né tentare né deviare dalle mode mediatiche di turno, dalla «virtualità» imperante, seguita a lavorare intorno a un proprio progetto di realismo, a una cifra stilistica peculiare di fingibilità del reale che la conferma come autrice di vaglia nell’odierno contesto culturale, documentando un inedito «caso» di qualità e di valore.

 

NUDI FRAGILI ED ELOQUENTI DI BENEDETTI

di Giovanna Capretti

Il nudo come involucro enigmatico dei sentimenti.  Il corpo femminile, esposto nella sua fisicità, come territorio su cui sperimentare l’espressione apparentemente contraddittoria di disarmante sincerità e insieme pudore. Vanno alle radici della femminilità i nudi di Laura Benedetti, alla sua prima personale, a cura di Domenico Montalto, da oggi all’Aab. E in un tempo di corporeità sfrontata, dichiarano di voler recuperare un valore di naturalezza che ha a che fare più con i sentimenti che con la sensualità.

I suoi ritratti, colti dal vero o elaborati da scatti fotografici con naturalismo mai crudo, parlano con i gesti. Corpi di schiena, chini o raggomitolati, costretti in spazi angusti, talvolta frammentari e sempre anonimi – i volti nascosti dai capelli o dalla piega del viso – che ci dicono di fragilità e spaesamenti davanti ad orizzonti troppo vasti, di necessità di farsi nido per l’anima ferita. Anche quando il corpo si fa oggetto, esposto come soprammobile accanto a vasi e fruttiere, l’ interiorità resta preclusa. Fino a divenire assenza, uniche tracce oggetti ” femminili ” – gomitoli e puntaspilli – in attesa di una mano operosa.

Dietro una porta l’autrice ci guarda con un filo di timore.

 

LAURA BENEDETTI NEI NUDI SENTIMENTI

di Giampietro Guiotto

Nella mostra di Laura Benedetti, curata da Domenico Montalto, le nudità, tutte femminili, richiamano al gusto iperrealista degli anni ’60, caratterizzato da un uso esasperato della fotografia per realizzare una galleria di ritratti dal vero. La nitidezza del tratto pittorico e l’accuratezza tonale dei corpi ricercano l’ illusione mimetica della pittura di nudo accademico d’altri tempi, ma le posture così raccolte, nelle quali la donna nasconde il viso, sembrano riflettere lo spirito del vivere contemporaneo.

L’ artista gioca con  il corpo femminile alla stregua di un oggetto pubblicitario, ma nello stesso tempo lo decontestualizza in scenari metafisici, che trasformano improvvisamente la nudità in corpo artistico. L’ambiguità percettiva, che accompagna l’indiscussa bellezza femminile, si estende nella predisposizione scenica delle modelle, le quali assolvono il ruolo di presenze assenti o volutamente impegnate a non rivelare il loro volto o i loro occhi, finestre della loro vita. Le pose celano la costrizione del loro animo e trattengono l’ansia che attanaglia ogni movimento, fino a tramutarle in entità corporee dimenticate su un lettino medico o tra le lenzuola di un letto. Solitudine, incapacità di reazione o di fuga, rassegnazione o paura della morte si susseguono in un turbinio percettivo, fino a decantarle come allegorie del dolore inespresso e celato. Ma il nascondersi di queste donne è anche riparo, possibile distacco dal mondo, come suggeriscono i paraventi costruiti dall’artista.

 

NUDA, INDOMABILE PROPRIETA’ DELLO SPIRITO

di Beppe Rocca

Nella curvatura figurativa del corpo, il simbolismo meditativo di pudore e raccoglimento, che ispira una poetica, rivelata e svelata, ridefinibile oltre la norma.

Suggestiva, irritualmente spirituale, descrizione dell’essenza. Imbrigliata nell’aura chiaro tenue del raccoglimento.

Con i contorni di rappresentazione a sfumare in un metafisica dei sensi ripercorribili fra traiettorie di pensiero e riflessioni fuori contesto organizzato al comune sentire. Laura Benedetti ritempra, con l’impatto di olio su tela, la poetica di un segno ridefinibile oltre la norma. Coronando spazi temporalità attraenti di delicate sensazionalità mai definitive. Mentre il segno del corpo travolgente, per concezione classica, nello shock compulsivo della messa a nudo, traccia linee di demarcazione che arrotano e elevano la svestizione a raccolta, pudica, rivelazione.

Il linguaggio espressivo di questi “Nudi Sentimenti”, caldeggia un’ immagine di inusuale circospezione tematica. Ovvero rinvia a messaggi di collegamento in più direzioni. Che scrutano femminilità generazionali ricomprese in vertici di contenuto interpretativi di un al di fuori d’approccio e convenzione. Indicando il corpo “inteso nella sua trasparenza – dal pensiero personalizzato e diretto di Laura Benedetti– in pratica il corpo stesso come, appunto, trasparenza di un modo effettivo di essere”.

Questo il clima perdurante di emozionalità linearmente complesse nella loro essenza. Con dedica dell’artista indicativa di un viaggio creativo, dentro l’esperienza pittorica, iniziato da Laura sei anni fa. Prima e nell’attualità insistevano una laurea in architettura, la progettazione di interni, e l’impegno altrettanto creativo del metodo produttivo applicato all’ordine operativo che genera la pubblicità.

Altri raccordi stanno nella vocazione al ritratto, rimarcato in generative capacità di esibizione, ancora una volta, di un altrove sentimentale che esula dal programma normativo della consuetudine. Segnale efficace quasi in esegesi di una normalità ricercata ed impressa con la forza esclusiva della sobrietà. Particolarità ricorrente sia nei ritratti, che in questi nudi sentimentalmente avvincenti nella loro non circoscrivile identità. Colpendo al cuore. Che incamera sensualità senza abusarne. E che accelera il battito al cospetto pudico di una sensazione di disagio. Assemblando e disarticolando corpi, oggetti, prospettive, verso spiriti tanto liberati quanto indifesi nella loro scomoda raffigurazione senza trucco.

Così la materia descrittiva di Laura Benedetti si piega al volere ineffabile della verità che sancisce orgogliosamente il bisogno di uscire allo scoperto. Con curvature modulari della figura specificamente rivelatrici di un’ immagine etereo simbolica orientata al raccoglimento. Effetto singolare e decisivo nel suo connotato strutturale. Interiorizzato dentro spazi dove la figura, rigorosamente, castamente, ma eloquentemente senza veli, entra a far parte di oggetti, situazioni, colori ed ambienti, armonicamente ripiegati in loro stessi. A fruire di memorie e identità caratterizzate da sovraesposizione al rosa. Profumata cromatura emozionale levigata dalla nuda, indomabile proprietà dello spirito.

 

NUDI SENTIMENTI

di Karine Bride

Al centro perfetto di un quadrato lo sguardo penetrante e  inquietante diLaura Benedetti, percepibile attraverso la rappresentazione dei due terzi del volto e del suo occhio destro, sta fissando intensamente chi lo guarda.

Sembra impossibile evitarlo, da qualunque posto ci si ponga per  affrontarlo e sostenerlo.

E’, a prima vista, un invito a seguire la pittrice nell’itinerario intimo delle sue opere e a scoprire le leggi del suo universo onirico, delle sue visioni spesso nate da fotografie di corpi nudi; ma è sopratutto la rivendicazione, senza nessuno tratto di arroganza, della sua padronanza della tecnica della pittura all’olio.

Laura Benedettisi posiziona così nei confronti della grande tradizione della pittura italiana, assumendo la sua identità culturale e nazionale.

Di fronte a questo quadro è difficile non pensare ai ritratti di profilo del potente Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, immortalati sotto il pennello di Piero della Francesca, dietro i quali un cielo di luce diffusa  sovrasta un paesaggio distribuito  su diversi piani, di cui l’ultimo, minerale e neutro, diventa il simbolo dei confini tra la morte e la vita ed esprime così l’atemporalità del soggetto rappresentato.

In risposta a questa tradizione Laura si rappresenta in un ambiente neutro, grigio, arido, vuoto, un terzo del viso nascosto dietro un pannello.

Questa sua riservatezza nel rappresentarsi è anche il modo di imporre al pubblico le sue regole morali ed estetiche che troviamo anche nella sua raffigurazione del corpo femminile:  non si tratta mai di suscitare un approccio voyeuristico, ma di “rivelare” dei corpi concepiti come delle arene soggette alle lotte interiori dell’ identità femminile contemporanea.

Scegliendo una tecnica esclusiva per finalizzare le sue opere (la pittura ad olio), Laura Benedettisi indirizza verso il famoso “ritorno alla pittura del ventunesimo secolo” annunciato da pittori come Lucien Freud o Balthus, ma anche da importanti storici dell’arte.

Il corpo femminile, trattato spesso in modo crudo o maltrattato da tante artiste contemporanee, viene rappresentato daLaura Benedettiin modo molto più dolce.

L’iconografia di Laura propone al sesso femminile una ridefinizione  della propria identità spirituale, una rinascita attraverso la produzione d’immagini post apocalittiche, dove corpi ampi, galleggianti in un paradiso  chimico o sognato – forse allegoria della fine della Storia – si pongono senza violenza, arroganza, calcolo ma anzi  in armonia con desideri di pienezza,  fecondità e sensualità.

Anche i ritratti di uomini prodotti da Laura sono molto significativi. L’uomo non è più percepito come una minaccia, una limitazione del potere della donna, ma come un protagonista della vita familiare, felice di assumere il ruolo affettivo nell’educazione dei piccoli.

Laura ha il coraggio di aprire una strada per ciascuna donna, proponendo alla fine del suo percorso pittorico una via di riconciliazione con il proprio corpo e la definizione di una sensualità rinnovata ed allontanata dalle manie persecutorie nei propri confronti e nei confronti degli uomini.

 

NUDI SENTIMENTI

di Tino Bino

Il titolo dichiara senza equivoci l’intenzione dell’artista. I nudi femminili che volgono altrove lo sguardo degli occhi smarriti, svelano al contrario, con evidente trasparenza, l’intensità dei sentimenti. Sono i trasalimenti dell’anima che si celano nei corpi spogli di giovani donne dipinte su fondali neutri o disadorni, rocce nude, alberi spogli, cieli altissimi, nature morte. Qualche volta sono colte in pose provocanti, quasi sempre nella quotidianità delle fantasie, dei sogni, delle paure, delle ansie.  Svelano l’intimità del corpo, ma vorrebbero che lo sguardo posato su di loro si fermasse lì, non andasse oltre la superficie a carpire  segreti che la nudità non basta a coprire. Così il lettore, lo spettatore, cerca lo sguardo
introvabile di quelle giovani donne, e prova a decifrarne il mistero.

C’è, da sempre, nella storia dell’arte, ma anche in quella della vita, un linguaggio della fisicità. La forza evocativa del corpo appartiene all’immenso immaginario della nostra condizione umana. E nel nudo, quello femminile in particolare, ogni dettaglio contribuisce a svelare
tracce d’identità che tanto più è esibita, tanto più nasconde la verità ultima, sofferta, che ciascuno porta dentro di sé, e che resta forse per sempre
confinata nel fondo della propria coscienza.

Il lungo e paziente lavoro di Laura Benedetti, che opera dal vivo, che lavora su modelle in posa, su vite che scorrono, è una sorta di gioco degli specchi. La pittrice vuole raccontare il proprio sentimento della vita riflesso nella posa del nudo che le sta davanti, il quale a sua volta racconta un segreto che non si può carpire e rimanda a noi un’immagine che il nostro sguardo cerca di interpretare, mediato da una nostra segreta verità, sapendo che in quelle immagini imbarazzate si cela l’universalità del sentimento della vita.

 

I “Nudi sentimenti” della Benedetti in mostra a Tokio.

di Francesco de Leonardis – Bresciaoggi  14 febbraio 2013

Le sue flessuose donne si ripiegano su se stesse nascondendo il volto.

L’artista bresciana Laura Benedetti porta a Tokio i suoi nudi femminili in una mostra personale dal titolo “Naked feelings” (Nudi sentimenti) che resterà dall’11 al 23 febbraio presso la galleria Juichigatsu nell’elegante quartiere Ginza.

Laura Benedetti è nata a Brescia e, dopo essersi laureata in architettura al Politecnico di Milano, ha lavorato nel settore della grafica pubblicitaria; negli ultimi anni si è dedicata alla pittura sotto la guida di Enrico Schinetti ed ha ottenuto la sua prima personale all’Aab nel 2011. Ora, grazie  al prestigioso invito a Tokio da
parte di Shoko Kanai, direttore della “Juichigatsu”, una galleria di arte contemporanea che dà spazio ai  giovani artisti internazionali, espone in Giappone sedici dipinti a olio della sua produzione più recente raffiguranti nudi femminili.

Nella sua pittura tecnicamente raffinata, indaga il corpo femminile e ne offre un’immagine sostanzialmente realistica. Non insegue, comunque, un ideale di armoniosa bellezza, perché i corpi delle sue modelle, rappresentati sempre in pose aggrovigliate e contorte e in spazi ristretti e angusti, sono per lei metafora di una condizione psicologica in cui anche i sentimenti vengono messi a nudo e rivelano la sofferenza in una condizione esistenziale sempre in bilico tra solitudine e angoscia. Senza via d’uscita.

Le donne di Laura Benedetti, che hanno corpi giovani, puliti e flessuosi, non guardano mai fuori dalla tela, non stabiliscono relazioni, nascondono il volto allo spettatore. Ripiegandosi su di sé, si negano al desiderio, indolenti e infelici.

 

Mostra personale di Laura Benedetti a Tokio

di Piera Maculotti – Recensione sulla rivista on-line www.gruppo2009.it

Un’esperienza speciale, una grande soddisfazione: Laura Benedetti (Brescia, 1960) da lunedì 11 fino a sabato 23 febbraio espone a Tokyo. Ad ospitare i suoi sedici dipinti è la Galleria di arte contemporanea Juichigatsu che – inaugurata nel 2002 a Ginza – è aperta soprattutto a giovani artisti: per diffondere la loro abilità d’espressione dice la direttrice Shoko Kanai, che partecipa anche a Fiere d’Arte a New York, Hong-Kong e Tokyo…

Laura Benedetti, laureata in architettura al Politecnico di Milano, una lunga esperienza nel settore della progettazione d’arredo d’interni, titolare di un’agenzia di grafica pubblicitaria, da anni coltiva un’intensa passione per la pittura, soprattutto grazie ai corsi presso la AAB (2004/2005) del maestro Enrico Schinetti. Ama in particolare il ritratto, a pastello o ad olio, e la rappresentazione di soggetti capaci di evocare emozioni, sentimenti…

E proprio così – Naked Feelings – Nudi Sentimenti – si intitola la mostra personale di Tokyo: dipinti ad olio, eseguiti dal 2011 al 2012, raffiguranti nudi femminili. Donne senza veli, senza volto spesso; il corpo raccolto, avvolto su di sé, tra (in)dolente dolcezza e misteriosa difesa. O forse è un’attesa, sospesa…

Attorno ai corpi nudi, strette pareti e nudi muri contengono, stringono, comprimono ma non schiacciano: dentro, la forza delle morbide linee sinuose resta intatta; sfiorata dalle spine del vivere ma non ferita… C’è un che di saldo in certo languido abbandono; c’è una linfa che pulsa anche nei gesti più fermi, più assorti: sale dal centro, nascosto dentro, nel profondo; e a questo centro ritorna… In un moto di introversione e insieme di attenta concentrazione.  Quasi un lento (saggio) controcanto al rumore di tanta esibizione mediatica, al vuoto di troppo nude look femminil-modaiolo…

Le donne di Laura Benedetti stanno sole e nude, tra luci, ombre e segni nitidi, sobri; donne spoglie come quando sono venute alla luce… Con una carnalità che è verità nuda: dentro la cruda realtà di un mondo che stringe e costringe. Giovani donne che – scrive Domenico Montalto – sono le personificazioni di una metafisica claustrofobia, di una ripiegata e irrimediabile solitudine, di un desiderio di fuga…

Ma a volte poi la fuga avviene, con poetiche pennellate che trasportano in un mondo altro… In un paese di strane meraviglie dove – con tocchi da iper-realismo magico – la pittrice adagia in candide conchiglie figure femminili piccole piccole o le appende a piani d’appoggio, mensole e consolle… E loro – grandi come una tazza, alte come un libro – se ne stanno lì, quiete, assorte, sole…
Divise tra una realtà forse invivibile e un loro mondo invisibile… Ciascuna sospesa. In attesa…

 

I nudi di Laura Benedetti a Tokio

di Alessandra Troncana - Corriere della Sera 17 febbraio 2013

Personale dell’artista bresciana in una galleria della capitale nipponica

L’arte bresciana da alcuni giorni è “di casa” a Tokio, dove –presso la galleria Juichigatsu diretta da Shoko Kanai – è in corso la mostra personale di Laura Benedetti dal titolo Naked Feelings. Laura Benedetti da molti anni fa parte del gruppo dirigente dell’Associazione Artisti Bresciani.

L’esposizione nella capitale nipponica comprende sedici dipinti ad olio raffiguranti nudi femminili, eseguiti dal 2011 al 2012. Scrive di lei Domenico Montalto: «Le sue spoglie “stanze” femminili, dai fondali cromaticamente piatti, sono un personale teatro dei sentimenti, delle ansie, delle paure, dei sensi di colpa, delle fragilità, degli enigmi. Un teatro dalla sintassi nitida ed essenziale, dove modelle nude (persone non immaginarie, ma vere, con nome e cognome), sempre assorte, melanconiche, volgono lo sguardo altrove, ci negano il volto e il sembiante, quasi sfuggendo all’invasiva, imbarazzante curiosità di chi guarda. La loro indifesa nudità traduce la nudità e la sofferenza della coscienza davanti alla crudeltà delle cose, davanti alla lotta tra l’amore e la disillusione.»

Laura Benedetti è architetto, laureata al Politecnico di Milano, e ha lavorato per anni nella progettazione d’interni. E’ titolare di un’agenzia di grafica pubblicitaria.

 

Inviolabilità rappresentativa

di Beppe Rocca –

I lavori della pittrice bresciana in esposizione a “The Cubic Gallery” della città giapponese confermano l’internazionalità di un linguaggio. Con soggettività costrette e riservate nel corrispondere sensazioni al complemento oggetto dell’esposizione.

Spazi sempre più angusti ed inviolati per l’armonica espressività di Laura Benedetti. Tanto reconditi di un profondo illimitato, quanto attraenti ad un’internazionalità rappresentativa senza barriere. Attraverso queste peculiarità di contraddetto libero, mai domo, supportato dalla forza disinteressata della sincerità spontanea seducente, la pittrice bresciana colloca stabilmente dal 2013 il suo impegno espositivo in Giappone. Oggi ad Osaka. Dove i suoi “Naked Feelings” (“Nudi Sentimenti”) onorano gli spazi di The Cubic Gallery.

Lavori in precedenza esposti alla Galleria Juichigatsu di Tokyo. Il valore interpretativo di Laura appoggia dunque molteplici emozioni incuranti del distacco spazio temporale.

Quasi a significare una terzietà dinamica di immagini, pensieri, sensazioni. Come delicato e non ossessivo software pregnante di materia sensibile.

“I miei spunti creativi – spiega Laura Benedetti – scaturiscono sempre da luoghi ideali che prevedono perimetri, circoscrizioni, barriere. Forme di isolamento interiori e di ambiente in grado poi di produrre immagini. Così è stato per Nudi Sentimenti. Atteggiamento confermato anche oggi, al cospetto di nuovi percorsi di lavoro.”

Segnalazione d’intenti alla quale aggiungiamo, in similare associazione ideale, anche le nature morte, i paraventi, i ritratti del suo curriculum.

Mentre la recente ed ancora in itinere produzione raggomitola ancora una volta tutti i sensi  nell’essenzialità di un bozzolo. Alla già descritta soggettiva inviolabilità del perimetro simbolico e sostanziale, corrisponde dunque il complemento oggetto dell’esposizione. A favorire esplorazioni essenziali (nudità) protettive (paraventi, bozzoli) descrittive (ritratti). Rendendo onore e gloria esecutiva alla semplificazione di quel che tormento ed anima articolano e cogitano dentro i recinti della riflessione. Avvicinando l’interiore e l’esteriore come categorie complici e complesse in differita. Segnando timbri e strutture segniche che allineano toni ed espressioni che non trovano ostacoli neppure al cospetto di un ideogramma.

 

Incroci divergenti

di Giovanna Galli 

Laura Benedetti concentra con perseveranza la sua raffinata ricerca pittorica nel più tradizionale interesse verso la figura umana, che non si arresta alla mera rappresentazione fisica del soggetto dipinto, pur sviluppata con una sensibile attenzione verso l’espressività del corpo e il dettaglio anatomico e fisionomico, ma insiste anche e soprattutto su quella psicologica, elaborando un efficace scavo intimistico volto a portarne alla luce le caratteristiche interiori: emozioni, tensioni, sentimenti, sottili inquietudini.

Particolarmente interessata al tema femminile, ha prodotto una consistente serie di ritratti di donne amiche, “soggetti noti”, scelte come interpreti di composizioni attentamente studiate in ogni dettaglio costruttivo, in cui pose, sfondi, oggetti, colori e luci appaiono meditatamente calibrati ad una precisa idea narrativa, sempre differente.

In questi lavori si nota che la sua interpretazione del genere figurativo e mimetico si qualifica per una certa modernità dell’impaginato pittorico, che alterna pose più tradizionali a tagli scorciati e fotografici, con punti di vista a volte rialzati o ribassati per insoliti scarti prospettici.

 Nelle tele, realizzate con paziente e misurata tecnica ad olio, traspare l’ostinata ricerca di particolari effetti cromatici e luministici, che generano atmosfere distanti dalla banalità descrittiva di una semplice rappresentazione quotidiana, affermando la virtù intensamente rivelatrice dell’atto pittorico, capace nei momenti più felici di elevare il “qui ed ora”, fissato in un gesto o in uno sguardo, nella narrazione in chiave poetica ed intimistica di un tempo e di un luogo altri.

Tempo e luogo mobili e sfuggenti nel loro essere soggettivi, che si collocano in quella regione sospesa fra realtà ed emozione, fra ragione e sentimento, dove si mette in scena, in modo trasversale e universale, il teatro della vita di cui siamo tutti allo stesso tempo spettatori e interpreti.

Incroci divergenti

di Giampietro Guiotto

…In Laura Benedetti la pittura figurativa diviene analisi della crisi del soggetto contemporaneo in piena dimensione solipsistica. Benedetti ritrae “soggetti noti”: amiche zittite dalla malattia e dall’ansia, immortalandole in momenti di spaesamento e “realismo magico”. L’artista tenta di far emergere la parte intima e nascosta che ogni figura tende a nascondere o è incapace di far emergere.

 

Gruppo di solitudine in un interno

di Milena Moneta

Parlare di ritratti e di nudi per Laura Benedetti, soggetti da lei finora prediletti, può essere riduttivo e fuorviante, perché se c’è un realismo di fondo, se c’è il figurativo che rimanda a persone concrete, quasi sempre amiche, lo stile dell’artista li travalica per bussare all’interiorità dei suoi soggetti e del mondo femminile in genere, avvolta nel silenzio ( scelta o condanna?), accentuato dall’assenza di spazi intorno – e allora il fuoco è tutto sullo sguardo ora sfuggente ora sfrontato, sul taglio con cui ogni volto e ogni corpo è rappresentato- ovvero dallo scontro con spazi costrittivi e claustrofobici, abitati da posture innaturali. Interiorità, dolente e non pacificata, che preme per emergere in un mondo poco amorevole o cerca riparo in se stessa, in una scelta obbligata di solitudine perché la collettività è poco o nulla comunicativa, spesso ostile, raramente autentica, perché il fuori non è disposto ad ascoltare ed accogliere. E allora ciò che compare sulla tela, fuori dalla dimensione spazio-temporale, dove anche i colori apparentemente squillanti virano verso l’astratto – e Laura si è già incamminata verso l’architettura dell’astratto, straniante e oppressivo – punta diritto alla riflessione, mettendo in scena tutte le sfumature del sentimento e del disagio, della ribellione e della angusta rassegnazione.